IPERGLICEMIA

Che cos’è
L’iperglicemia è la presenza di glucosio nel sangue (glicemia) in concentrazione elevate. Il livello di zucchero nel sangue è regolato dall’insulina, un ormone prodotto dalle cellule del pancreas. Se l’insulina non è presente in quantità adeguata o se c’è resistenza alla sua attività, si verifica un eccesso di glucosio nel sangue.

Un livello eccessivo di glucosio se continuo nel tempo (cronico) è dannoso perché contribuisce a deteriorare le pareti interne dei vasi sanguigni e questo provoca complicanze vascolari a livello dei piccoli vasi (soprattutto con danno a occhi, reni, nervi degli arti inferiori) e dei grandi vasi (ictus cerebrale, infarto cardiaco, lesioni delle arterie degli arti inferiori).

Il danno dei nervi periferici e la difettosa circolazione delle arterie degli arti inferiori sono, insieme, causa di ulcerazioni e altre lesioni conosciute come “piede diabetico”.

Valori dell’iperglicemia
Il valore della glicemia viene espresso normalmente in mg/dl (milligrammi per decilitro), ed è il medico a stabilire con il paziente quali siano i valori adatti a ciascun individuo diabetico, in relazione alla sua età e alle complicanze del diabete.

Tuttavia in linea generale è consigliabile che i valori glicemici non superino 130 mg/dl a digiuno e 160 mg/dl dopo due ore dall’inizio di un pasto, con l’obiettivo di prevenire le complicanze del diabete. Per confronto ricordiamo che un soggetto non diabetico ha una glicemia a digiuno minore di 100 mg/dl e abitualmente dopo i pasti non supera i 140 mg/dl.

Cause
Le cause dell’iperglicemia possono essere diverse:

  • alimentazione eccessiva e qualitativamente non adeguata
  • attività fisica insufficiente
  • aumento di peso
  • mancato rispetto dell’assunzione dei farmaci prescritti
  • dosi di insulina insufficienti
  • stress
  • presenza di infezioni o altre malattie intercorrenti
  • uso temporaneo di farmaci che possono indurre iperglicemia (i più comuni sono i cortisonici)

Sintomi
Tra i primi sintomi che possono far sospettare la presenza di iperglicemia ci sono:

  • aumentato bisogno di urinare
  • aumento della sete
  • senso di stanchezza o affaticamento

Questi sintomi derivano da una parte dal fatto che i diversi organi e apparati non sono in grado di utilizzare adeguatamente gli zuccheri e dall’altra dal fatto che quando la glicemia supera i 180-200 mg/dl il rene non è più in grado di riassorbire zucchero in quantità sufficiente; questo passa nelle urine e trascina con sé acqua, da cui l’aumentato volume di urine emesse, la disidratazione e il conseguente stimolo della sete.

Se l’insulina è gravemente carente, il glucosio non riesce ad entrare ed essere consumato dalle cellule e rimane ad accumularsi nel sangue. Per avere l’energia di cui hanno bisogno, le cellule consumano quindi i grassi presenti al loro interno, ma questa azione produce un accumulo di scorie tossiche (chetoni) nel sangue e nell’urina, che se non trattato adeguatamente porta a gravi condizioni di scompenso metabolico (chetoacidosi). Questo fenomeno avviene soprattutto nei diabetici di tipo 1, che hanno una carenza quasi assoluta di insulina. In questi casi, se non individuati tempestivamente, si possono sviluppare, oltre ai precedenti, sintomi e segni di scompenso glicemico grave come:

  • rapida perdita di peso
  • sensazione di malessere
  • perdita di appetito
  • stato confusionale
  • nausea e vomito
  • mancanza di respiro
  • secchezza della bocca e della pelle
  • alito dall’odore fruttato

Cure e rimedi
È importante mantenere il livello di glicemia entro gli obiettivi individuali prestabiliti con il diabetologo e l’autocontrollo glicemico è il miglior modo per documentare un allontanamento dagli obiettivi e prendere quindi i corretti provvedimenti.

Comunque, in caso di iperglicemia è appropriato:

  • valutare quali ne possano essere le cause (vedi sopra)
  • modificare gli eventuali errori (dieta poco eseguita, esercizio fisico trascurato…)
  • prendere i provvedimenti di modifica della terapia sui quali si sono ricevute informazioni adeguate e precise (per esempio variazioni delle dosi di insulina rapida)
  • mantenere un autocontrollo frequente
  • consultare il proprio medico se necessario

In caso di scompenso diabetico grave e sintomi di chetoacidosi è consigliabile:

  • bere in abbondanza acqua o altre bevande non zuccherate
  • aumentare le dosi di insulina secondo le istruzioni che si sono ricevute
  • controllare frequentemente la glicemia
  • rivolgersi al proprio diabetologo o a un pronto soccorso, se necessario per il rapido e progressivo peggioramento dei valori glicemici e delle condizioni cliniche

Fonte: www.iltuodiabete.it

La chetoacidosi: una belva con la museruola

Tratto dalle Lezioni di educazione sanitaria del prof. Sergio Marigo

La volta passata parlammo di infezioni, nemici dei tempi andati, fortunatamente oggi meno pericolose di altri. Ma non possiamo dimenticare un altro nemico d’altri tempi, ben più pericoloso, la chetoacidosi: una vera belva per i diabetici di allora, alla quale l’insulina ha… messo la museruola. Non è che non faccia più paura, ma se allora era frequentissima e letale, oggi è molto meno frequente e, per mezzo dell’insulina, può esser curata con relativa facilità.

Che cos’è la chetoacidosi? Lo dice la parola: è una situazione di notevole impegno generalmente dovuta al fatto che il sangue diviene acido per il crescente accumulo di corpi chetonici. Ma forse sarà opportuno spiegarci meglio.

Nella prima lezione, quella sull’insulina, imparammo che quest’ormone è per il glucosio come una chiave senza la quale non si apre la porticina della cellula. In mancanza d’insulina, il glucosio non entra nelle cellule, è costretto a rimanere fuori e così si concentra nel sangue e nelle urine dando luogo a iperglicemia a glicosuria.

Ma non dicemmo che cosa fanno le cellule rimaste senza glucosio: da dove prenderanno il nutrimento per la loro vita? Per fortuna le cellule possiedono una fonte energetica alternativa di alto valore nutritivo, vale a dire il grasso, che, come tutti sanno, è un tessuto motto esteso e rappresenta quindi una riserva di energia molto valida.

Quasi tulle le cellule “si nutrono” in continuità di grassi insieme al glucosio, tanto le loro riserve si riformano in continuazione ogni qualvolta noi mangiamo. Per ciò, quando per mancanza d’insulina il glucosio non può entrare nelle cellule, queste non hanno bisogno di cambiare le proprie abitudini perché non fanno altro che attingere il loro nutrimento esclusivamente dai depositi di grasso.

Ciò comporta però delle conseguenze molto importanti perché la combustione all’interno delle cellule dei grassi comporta la formazione di quei corpi chetonici di cui parlammo prima. Spieghiamoci meglio. Mentre il glucosio rappresenta un’energia “pulita”, un po’ come l’energia elettrica, i grassi sono invece un’energia “sporca” come il carbone che fa fumo e ceneri. In presenza d’insulina, quando la cellula “va” ad energia elettrica mescolata a carbone, cioè glucosio a grassi insieme, le scorie vengono rapidamente eliminate. Ma quando la cellula per mancanza d’insulina deve fare a meno del glucosio, subito si formano fumo e ceneri, vale a dire corpi chetonici.

Questi ultimi sono acidi forti a accumulandosi nel sangue, finiscono per renderlo acido e ciò comporta una situazione molto preoccupante che, a lungo andare, non è compatibile con la vita stessa. Occorrono giorni perché questa situazione si instauri, ma quando si cade in questo giro di cose, se non si interviene subito con alte dosi di insulina è davvero un brutto affare.

Adesso il problema è più chiaro: la chetoacidosi insorge solamente in mancanza d’insulina, come nei diabetici che ancora non sanno di esserlo a quando ci dimentichiamo di fare la nostra dose quotidiana di insulina. Ma ricordiamoci anche di talune situazioni che possono favorire la chetoacidosi, soprattutto quando insorgono in soggetti nei quali la dose d’insulina non è stata bene regolata.

Una di queste è la presenza di uno state febbrile, ad esempio un’influenza: in tal caso anche un diabetico tipo 2, quello che non ha bisogno di fare l’insulina, può vedere insorgere una chetoacidosi. Un’altra situazione di rischio, particolarmente in diabetici male regolati, può essere una forte emozione.

Come ci si accorge che c’è una chetoacidosi? Prima di tutto perché da alcuni giorni sono ricomparsi i segni di iperglicemia: sete, urinare tanto, stanchezza, prurito e compagnia bella. Se ci facciamo l’esame delle urine, Santa abitudine!, già in questa fase vedremmo diventare viola la parte reattiva ai corpi chetonici. Ma quando le cose vanno avanti, la sete diverrà arsura, insorgerà vomito, respiro pesante a spesso uno strano dolore di pancia.

I nostri famigliari, se sono un po’ attenti, avvertiranno nel nostro alito uno strano odore, come di mele cotte. Che è poi l’odore dell’acetone, uno dei corpi chetonici. La prova del nove è data dalla glicemia che risulta sempre così alta da non poter esser dosata con le strisce reattive a dalla forte positività della reazione per i corpi chetonici nelle urine.

In queste condizioni che cosa dobbiamo fare? La cosa più giusta è di non perdere tempo e metterci in contatto, anche solo telefonico, con il nostro medico che dopo aver controllato la reale presenza di questa situazione, certamente prenderà la decisione di farci ricoverare in ospedale.

Solo in ospedale, infatti, è possibile attuare la cura piuttosto complessa e intensa della chetoacidosi. Ma nel caso non ci fosse possibile rintracciare il nostro medico oppure se egli non avesse la possibilità di venire al più presto al nostro domicilio, allora non perdiamo tempo a rechiamoci al pronto soccorso del più vicino ospedale dove sapranno certamente valutare la situazione e, se necessario, ricoverarci in idoneo reparto ospedaliero. E se ciò dovesse succedere, non facciamone dei drammi: oggi l’insulina fa veramente miracoli.

Ora le cose dovrebbero esser più chiare. La chetoacidosi insorge soprattutto nei diabetici tipo 1, quelli che fanno insulina, quando una febbraccia o un’emozione sballa tutta la regolazione della glicemia. E soprattutto nei casi in cui l’insulina veniva fatta in quantità inadeguata o, peggio ancora, quando viene dimenticata od omessa con la scusa che in quelle situazioni generalmente non si mangia.

In ogni case il nostro salvagente sarà l’autocontrollo della glicemia e delle urine: il diabetico che con regolarità si autodetermina la glicemia ed esamina le proprie urine ogni qualvolta ha l’impressione di “sentirsi strano ” o sente i segni di glicemia elevata, non corre il rischio di chetoacidosi.

Perché, è bene ripeterlo, la chetoacidosi non è un vaso da fiori che ci cade all’improvviso sulla testa, ma è solitamente la conseguenza di un periodo più o meno lungo di cattivo controllo della nostra glicemia. I trascurati e i dimenticoni sono qui chiaramente invitati ad avere un po’ più di consapevole responsabilità.

Perché e come controllare la chetonomia:

Achetocitosi